Il sito è accessibile o è SEO-friendly? Chi viene prima?
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“Un sito accessibile aiuta la SEO”. Questo si legge spesso. Ma se ci pensi bene, è un po’ come dire che l’aria condizionata fa andare più veloce la macchina. Sì, magari ti fa stare più comodo, ma non è quello che incide davvero sulle prestazioni.
La verità è che sono le best practice SEO a migliorare anche l’accessibilità di un sito, e non il contrario. Google non ha un algoritmo dedicato a premiare chi segue le linee guida WCAG. Ma ha un algoritmo che ama struttura chiara, codice pulito, contenuti leggibili, link comprensibili e siti veloci. Tutte cose che, guarda caso, rendono anche un sito più accessibile per tutti, disabilità comprese.
Cosa significa rendere un sito accessibile con la SEO?
Quando si parla di accessibilità, spesso ci si concentra su soluzioni di superficie: plugin, barre di contrasto, font ingrandibili… tutte cose utili, ma non sufficienti. Il vero salto di qualità avviene quando il sito è costruito bene a monte, con cura per i dettagli che aiutano sia l’utente che il motore di ricerca.
Titoli gerarchici (H1, H2, H3), testi alternativi per le immagini, link chiari e comprensibili, menù facilmente navigabili anche da tastiera: tutte pratiche nate per la SEO che, nel tempo, sono diventate anche segni distintivi di un sito inclusivo.
In altre parole: la buona SEO è già accessibilità. Non serve fare “anche” un sito accessibile, se hai già fatto bene il lavoro SEO.
Ma Google valuta l’accessibilità?
Google non fa una scansione etica del tuo sito. Non “premia” l’accessibilità in senso stretto. Ma premia – eccome – i segnali che spesso derivano da un sito accessibile.
Parliamo di struttura del contenuto, tempi di caricamento, leggibilità da mobile, stabilità del layout. Elementi tecnici che, oltre ad agevolare chi usa uno screen reader o ha problemi di vista, aiutano Google a capire meglio il contenuto e a posizionarlo più in alto nei risultati.
È come se SEO e accessibilità fossero due effetti collaterali della stessa medicina: un sito fatto bene.
È una questione etica, normativa o strategica?
Tutte e tre. Un sito accessibile rispetta le normative (quando ci sono), è inclusivo, e mostra attenzione verso ogni utente. Ma per un’azienda che vuole presidiare il digitale seriamente, è soprattutto una scelta strategica.
Un sito accessibile riduce il bounce rate, migliora la permanenza sulla pagina, si naviga meglio, e si capisce subito cosa vuoi comunicare. Questi sono dati che Google tiene in forte considerazione. Non è una questione di “politicamente corretto”: è performance, pura e semplice.
Dove si sbaglia spesso?
Un errore comune è pensare che l’accessibilità sia qualcosa da aggiungere dopo. Come se fosse un’estensione o un plugin, invece che una direzione progettuale.
Oppure si confonde l’accessibilità tecnica con l’accessibilità di contenuto. È inutile fare un sito leggibile da tastiera se poi i testi sono scritti male, troppo complicati o senza una gerarchia logica. La SEO non è solo codice, è anche linguaggio. È anche semantica, e anche lì ci sono regole da seguire che fanno bene a tutti, umani e motori di ricerca.
E in tutto questo, come lavoriamo noi di Figure Creative?
Noi non facciamo SEO “perché si deve fare”, né accessibilità “perché fa figo scriverlo nel footer”. Progettiamo siti che funzionano, punto. E per funzionare davvero devono essere:
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comprensibili per Google
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chiari per l’utente
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utilizzabili da chiunque, anche con limitazioni
Questo si ottiene con una strategia SEO solida, curata sia nel codice che nei contenuti. È da lì che parte tutto. L’accessibilità non è un modulo aggiuntivo: è una conseguenza naturale di un progetto fatto come si deve.